Ve la ricordate la new economy? Dopo lo scoppio della bolla speculativa è sparita. Mandata in soffitta dal almeno otto anni e guai a parlarne. Ecco però che qualcuno comincia a intravedere il tesoretto nascosto tra le pieghe di bilancio delle americane Cisco o Ibm : gli analisti delle banche d'affari (quelle poche rimaste) sono alla ricerca di aziende poco indebitate. Una sorta di ricerca dell'oro. E le pepite pare siano proprio fra le bistrattate aziende della new economy.
Per questo motivo occorre leggere con attenzione il report del 19 settembre firmato dagli esperti di Morgan Stanley (Kathryn Huberty e Scott Coleman): nel documento si evidenzia che i titoli Usa hi-tech analizzati godono quasi tutti di buona salute finanziaria. E in una tabella (vedi in alto) stimano l'eccesso di capitale che hanno in casa alcune aziende tecnologiche. Nelle proiezioni di Morgan Stanley al primo posto svetta Ibm (17,1 miliardi di capitale in eccesso) seguita da Cisco (16,7 miliardi). Ad accorgersi della nuova «stagione tecnologica» sono stati anche gli analisti di Credit Suisse che hanno puntato l'attenzione sulle europee come Sap .
C'è invece chi non ha mai mollato il settore, obbligato per mestiere: i gestori dei fondi specializzati si prendono la rivincita dopo anni di navigazione a vista e di critiche. Vitruvius Growth Opportunities, fondo della scuderia Belgrave Capital Management, è tra i migliori nella categoria degli azionari tecnologici di Morningstar (www.morningstar.it). «Abbiamo delegato la gestione del fondo hi-tech al team della società hedge Usa Galeon – ricorda Mattia Nocera, amministratore delegato di Belgrave –. Muovono il portafoglio titoli quattro-cinque volte l'anno e monitorano i profitti trimestrali oltre a studiare i fondamentali delle società». Il 18% delle azioni selezionate da Galeon al momento è concentrata su titoli Internet come Google. Nell'asset allocation è presente anche il segmento software (13%): tra le aziende spunta Adobe.
Specializzato in tecnologie è pure il fondo Pioneer Global Tmt Class gestito da Marco Mencini. «È raro, nel panorama mondiale, trovare aziende hi-tech molto indebitate – sottolinea Mencini –. Hanno in genere una liquidità elevata e, soprattutto le società di software, trasferiscono in media il 10% dei ricavi mensili alla cassa». Imprese poco indebitate, una vera e propria manna di questi tempi. Benché Mencini punti su aziende tecnologiche poco esposte al settore consumer. «In questo momento è una mossa normale vista la recessione in atto – spiega il gestore Pioneer –. Più in generale preferisco le società tech che lavorano per altre imprese. Sap e Oracle, per esempio, sono sganciate dai cicli». Forniscono programmi per tagliare i costi in caso di rallentamento economico, aggiunge Mencini, «quando il ciclo è positivo supportano le aziende per sostenere appunto l'espansione». Il gestore ricorda di avere una forte posizione anche in azioni Hp: «Ha una ristrutturazione in corso. Di recente ha acquistato Eds (società di consulenza, ndr) e la sta integrando. L'attuale amministratore delegato, Mark Hurd, in 24 mesi ha fatto cose che Carly Fiorina, suo predecessore, ha realizzato in cinque anni».
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